Itinerari in Abruzzo

L'Abruzzo a tavola

Saverio Occhiuto

Ormai hanno capito in tanti che quello del 4 dicembre prossimo non sarà  un referendum sulla riforma costituzionale ma un voto sull'immigrazione e sul governo Renzi.

Lo ha capito anche il presidente del Consiglio, che dopo la tirata di orecchie di Giorgio Napolitano ha ammesso di avere sbagliato nel personalizzare troppo una partita che in realtà  riguarda il futuro del Paese, non solo quello del premier e dei suoi ministri.

Nove italiani su dieci credono che il Titolo V sia una onorificenza nobiliare. Otto su dieci, ma è una stima al rialzo, non hanno probabilmente mai letto la Costituzione. Tuttalpiùsanno soltanto che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, e già  questo li rende allergici alla Carta.

La partita è altissima anche per il futuro della politica italiana. In tutta Europa la Destra nazionalista avanza sbaragliando i grandi partiti che nel Novecento hanno rappresentato un argine ai populismi e alle derive autoritarie. Da noi il rischio è tenuto lontano dalla inconsistenza, almeno numerica, della Lega Nord di Salvini e del partito di Giorgia Meloni, paradossalmente neutralizzati dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che raccoglie nel suo grembo rabbie e frustrazioni dei cittadini piùdelusi, senza tuttavia riuscire a proporre un'alternativa di governo chiara, in grado di trasformare i vaffa in azione (vedi quello che accade oggi in Campidoglio).

Tutto questo apre uno spazio enorme al centro, tra quell'elettorato moderato e liberale rappresentato da Forza Italia e dal Pd di Matteo Renzi, che hanno peròlo stesso problema: Berlusconi vorrebbe passare il testimone  al mite Stefano Parisi, uomo piùdi strategia che di "pancia", che i vari Brunetta, Gasparri, Toti, vorrebbero tenere invece fuori da Casa Arcore.

Bersani ha il nemico in casa, con la cosiddetta sinistra Dem capeggiata dai vari  D'Alema, Bersani, Cuperlo che ormai risponde sempre con un no a prescindere - come direbbe il grande Totò- a tutti i sì pronunciati dal premier, compreso quello sulla riforma costituzionale.

E' chiaro che sia per Forza Italia che per il Pd questo gioco a farsi del  male non potrà  durare a lungo. Lo scenario che si prospetta in un tempo medio, diciamo da qui ai prossimi due anni, è proprio quello di una alleanza del partito di Stefano Parisi con quello che verrà  di Matteo Renzi, dopo una inevitabile scissione (l'ennesima a sinistra) all'interno del Pd.

Un'alleanza che dovrebbe vedere dentro anche Angelino Alfano e i suoi, per una vero patto politico e non piùdettato dall'emergenza, come accadde nel 2013. Denis Verdini è stato il primo ad anticipare questa mossa trasferendo la sua pattuglia di parlamentari dai banchi di Forza Italia a quelli della maggioranza di governo, ma se ne sono accorti in pochi.

Del resto, Berlusconi e Renzi hanno iniziato a fare politica mossi dalla stessa ambizione personale: modernizzare il paese, renderlo piùsnello e piùvicino ai modelli aziendali, dove la parola non si nega a nessuno ma alla fine decide il capo. E' il partito che non c'è, ma che potremmo vedere nascere su un nuovo predellino a due posti.

Nelle altre piazze ci saranno Grillo, Salvini, Meloni ad aizzare le folle con i loro vaffa e gli slogan contro l'Europa, i barconi carichi di immigrati che continueranno a solcare il Mediterraneo, la minaccia islamica. Poi si andrà  a sintetizzare tutto con carta e matita nel segreto dell'urna, mentre in tanti continueranno a recarsi al mare il giorno delle elezioni se nel frattempo non arriverà  una proposta chiara, un leader credibile, in grado di convincere che governare l'Italia è ancora un'impresa possibile.