Nuvole è il blog di Saverio Occhiuto, giornalista professionista, laureato in psicologia all’università di Padova, ha lavorato in Calabria, in Veneto e in Abruzzo, collaborando per numerose testate giornalistiche, agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive.
Leggi tutto
Qualcuno ha definito quello appena nato il Governo della rabbia sociale. Ma che cos'è la rabbia sociale se non la somma di tante singole frustrazioni personali, magari non sufficientemente mediate da un robusto bagaglio culturale, che poi trovano espressione sostanzialmente in due luoghi fisici: lo stadio e l'urna elettorale.
La politica, si sa, al di là della propaganda è soprattutto strategia, capacità di sapere leggere in anticipo le conseguenze delle proprie azioni. Riflessione evidentemente sfuggita tra le stanze del Quirinale e la sala proiezione del Nazareno, dove il Pd di Matteo Renzi si è solo attrezzato per godersi lo spettacolo con in mano i pacchetti di pop corn.
Siamo l'unica democrazia occidentale che ricorre ai governi tecnici quando la politica è in difficoltà nell'indicare la strada di Palazzo Chigi. Fu così nel 2011, con il governo dei “professori” guidato da Mario Monti che tanto piaceva all'Europa ma che probabilmente ha segnato anche l'avvento sulla scena dei partiti cosiddetti populisti, quelli anti sistema che oggi vanno all'incasso alle urne.
L'Italia si è espressa con il voto del 4 marzo, soprattutto per ricordarci che dalle Marche in giù il Bel Paese è tutta un'altra cosa, e non solo per ragioni climatiche. Ora la partita passa nelle mani del presidente Mattarella, a cui spetta l'onere di dare l'incarico per la formazione del nuovo governo.
I sondaggi elettorali dicono oggi che il 4 marzo sera, dopo lo spoglio delle schede, il M5S potrebbe essere il primo partito d'Italia, quotato attorno il 30% ma senza i numeri per governare da solo.